SYLVIA PLATH

I write only because/there is a voice within me/ That will not be still.

Giovedì scorso qui al Teatro Verdi di Pordenone ho visto uno spettacolo bellissimo: SYLVIA PLATH, Il Canto allo Specchio, un progetto di e con Sonia Bergamasco. Nel lontano 1985 feci la mia tesi di laurea su questa poetessa straordinaria, iniziando a leggere il suo romanzo The Bell Jar per poi dedicarmi ai suoi Juvenilia, Journals, Letters Home and all her Collected Poems. E’ stato un grande amore che ancora continua nella lettura delle nuove biografie.

Tornando allo spettacolo mi è piaciuta moltissimo la scelta fatta delle poesie e dei brani di prosa recitati divinamente da Sonia Bergamasco. E trovo azzeccato l’accostamento delle sue liriche alla voce del vento e del mare. Penso che anche chi non conosceva Sylvia Plath, durante lo spettacolo si sia fatto catturare, ammaliare e cullare dalla voce e dalla potenza dei suoi versi, sebbene in traduzione la sonorità non sia la stessa. Ed Infatti ha iniziato lo spettacolo con alcuni versi in inglese. Certe poesie come Daddy, Ariel, Lady Lazarus, Tulips sono pugni nello stomaco. Questa violenza, potenza e follia immaginifica è inimitabile. Io stessa durante lo spettacolo mi sono persa e non ricordavo nemmeno di quale poesia si trattasse ma “sentivo” dentro quel fuoco. Questa è poesia pura, totale come ha detto durante l’intervista finale. Ho amato anche il fatto che non ci sia stato cenno alla biografia durante lo spettacolo perchè spesso la Plath è stata solo “la poetessa che si è suicidata con la testa nel forno” o “la Musa di Ted Hughes” o “la moglie tradita che si è uccisa per dolore“. Rifuggo da queste semplificazioni e banalizzazioni. Sylvia Plath era una poetessa. Lo spettacolo si è focalizzato solamente sulla sua poeticità ed è durato un’ora, essenziale, scarno, intenso, emozionante. Mi è tornata la voglia di rileggerla e così sto facendo e condividerò questo post con le mie amiche per la nostra come conversazione sorseggiando una cup of tea. E anche per chi la conosce o per chi vuole avvicinarsi alla sua poesia che poco è stata trattata a scuola purtroppo.

WHY SHOULD YOU READ SYLVIA PLATH?

The Bell Jar: some quotes to choose and discuss. Incipit: “It was a queer, sultry summer, the summer they executed the Rosenbergs, and I didn’t know what I was doing in New York. I’m stupid about executions. The idea of being electrocuted makes me sick, and that’s all there was to read about in the papers — goggle-eyed headlines staring up at me at every street corner and at the fusty, peanut-smelling mouth of every subway. It had nothing to do with me, but I couldn’t help wondering what it would be like, being burned alive all along your nerves. I thought it must be the worst thing in the world. New York was bad enough. By nine in the morning the fake, country-wet freshness that somehow seeped in overnight evaporated like the tail end of a sweet dream. Mirage-gray at the bottom of their granite canyons, the hot streets wavered in the sun, the car tops sizzled and glittered, and the dry, cindery dust blew into my eyes and down my throat.” 

“To the person in the bell jar, blank and stopped as a dead baby, the world itself is a bad dream.” “I saw the days of the year stretching ahead like a series of bright, white boxes, and separating one box from another was sleep, like a black shade. Only for me, the long perspective of shades that set off one box from the next day had suddenly snapped up, and I could see day after day after day glaring ahead of me like a white, broad, infinitely desolate avenue.” 

“We’ll act as if all this were a bad dream.” A bad dream. To the person in the bell jar, blank and stopped as a dead baby, the world itself is the bad dream.A bad dream.”

There’s a movie on Sylvia Plath: SYLVIA.  (2003) British  biographical drama film directed by Christine Jeffs and starring Gwyneth Paltrow & Daniel Craig. It tells a story based on the real-life romance between the poets Sylvia Plath and Ted Hughes. The film begins with their meeting at Cambridge in 1956 and ends with Sylvia Plath’s suicide in 1963.

Today we can even listen to Plath’s voice reading her poems or talking about poetry. I wish I had had this opportunity when I was doing my research for my thesis! Now I can not only visualise her looking at her photos but also “hear” her voice.

A poem can’t take the place of a plum, or an apple. But just as a painting can recreate, by illusion, the dimension it loses by being confined to canvas, so a poem, by its own system of illusions, can set up a rich and apparently living world within its particular limits. Most of the poems I will introduce in the next few minutes attempt to recreate, in their own way, definite situations and landscapes. They are, quite emphatically, about the things of this world.

I’d like to read a powerful poem, that well exemplifies her poetry: MIRROR (1961)

I am silver and exact. I have no preconceptions.
Whatever I see I swallow immediately
Just as it is, unmisted by love or dislike.
I am not cruel, only truthful‚
The eye of a little god, four-cornered.
Most of the time I meditate on the opposite wall.
It is pink, with speckles. I have looked at it so long
I think it is part of my heart. But it flickers.
Faces and darkness separate us over and over.

Now I am a lake. A woman bends over me,
Searching my reaches for what she really is.
Then she turns to those liars, the candles or the moon.
I see her back, and reflect it faithfully.
She rewards me with tears and an agitation of hands.
I am important to her. She comes and goes.
Each morning it is her face that replaces the darkness.
In me she has drowned a young girl, and in me an old woman
Rises toward her day after day, like a terrible fish.

Sono d’argento e rigoroso. Non ho preconcetti. 
Quello che vedo lo ingoio all’istante 
così com’è, non velato da amore o da avversione. 
Non sono crudele, sono solo veritiero—
l’occhio di un piccolo dio, quadrangolare. 
Passo molte ore a meditare sulla parete di fronte. 
È rosa e macchiettata. La guardo da tanto tempo 
che credo faccia parte del mio cuore. Ma c’è e non c’è. 
Facce e buio ci separano ripetutamente. 


Ora sono un lago. Una donna si china su di me, 
cercando nella mia distesa ciò che essa è veramente. 
Poi si volge alle candele o alla luna, quelle bugiarde. 
Vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente. 
Lei mi ricompensa con lacrime e un agitare di mani. 
Sono importante per lei. Va e viene. 
Ogni mattina è sua la faccia che prende il posto del buio. 
In me ha annegato una ragazza e in me una vecchia 
sale verso di lei giorno dopo giorno come un pesce tremendo.

Hope you’ve enjoyed this post. Oggi ho ritrovato la mia tesi di Laurea e la pubblicazione della parte sui Juvenilia, allora inediti. Aggiungo alcune foto della mia tesi di laurea realizzata nell’aula informatica con sistema DOS. Come si vede la stampa è davvero diversa da quelle di oggi. Ma già allora pensavo che la biografia fosse secondaria rispetto all’opera stessa.

Interesting links: Sylvia Plath in Mademoiselle Magazine, 1959 ; Article from The Guardian on her time in new York; Teenage Letters to Her Mother ; 1962 interview to Sylvia Plath.

C’ERA UNA VOLTA UNA SCUOLA

C’era una volta una scuola fatta di libri, di banchi di legno, di pedane per sollevare la cattedra e di prof che parlavano e interrogavano, magari fumandosi la sigaretta. Tante sigarette!

i vecchi registratori

Erano gli anni 70 e io frequentavo il liceo classico. Meno ore di adesso, meno materie e più vacanze poichè si iniziava ad ottobre. Non c’erano tv, nè video, a malapena qualche registratore per sentire un audio in lingua straniera (solo le prof più moderne), non c’erano computer, né cellulari. Studiare una lingua straniera significava leggere e imparare liste di parole e regole di grammatica, un po’ come si faceva per il latino e il greco.

Poi all’università negli anni 80 ho scoperto il laboratorio linguistico con le cuffie, i viaggi all’estero (si telefonava a casa ancora dalle cabine pubbliche con i gettoni!) ma lo studio avveniva ancora solo ed esclusivamente sui libri e sugli appunti, manoscritti e condivisi con fotocopie. Fui la prima laureanda il lingue nel lontano 1985, a scrivere la tesi su Sylvia Plath con un wordprocessor, sistema DOS dalla biblioteca della Facoltà di informatica. Mi ero appesa al muro un foglio con tutti i simboli corrispondenti a virgole, note etc e quando avevo qualche problema c’era sempre qualche anima pia di informatico pronto a darmi una mano.

Quando iniziai a insegnare in Carnia tra le montagne – Tolmezzo e Tarvisio, sì proprio sepolta dalla neve al confine con l’Austria – 90+90 km al giorno sveglia alle cinque del mattino, –17 gradi d’inverno, piano piano sono comparsi i libri di testo con le audiocassette e acquistandomi i primi video VHS nei viaggi in Inghilterra come gli episodi di  Fawlty Towers  o Max Headroom  quando riuscivo a portare una classe in aula video mi sentivo la prof più tecnologica e all’avanguardia del pianeta 🙂 I ragazzi erano felici! Erano gli anni 90, la tv era a colori e avevo il mio computer e il modem rumorosissimo a casa, ma in classe si usava ancora l’overhead projector e una volta la settimana c’era il laboratorio linguistico. Le orecchie dopo 50 minuti coperte da cuffie in plastica enormi e pesanti erano quasi lesse 🙂 Che forza!!

Overhead projector
vHS video

Ricordo quando iniziai negli anni 90 ad insegnare a Pordenone e a crearmi il mio primo sito web su Digilander. Una volta alla settimana andavo con la classe in “aula computer” ed era meraviglioso. Ero l’unica docente d’inglese nel mio Liceo ad addentrarmi tra quei computer e l’ultima ora del sabato credetemi, per i ragazzi la cui attenzione era già altrove e per me che ero un po’ stanca, era una conquista poter imparare in modo più individualizzato e creativo. Studiai e presi anche la patente europea del computer ECDL. Durante la prova teorica, ancora cartacea, ero circondata da studenti e quel feeling di giovinezza lo ricordo ancora. Ricordo anche quanto feci ridere a crepapelle la collega e amica MariaGrazia perché cercavo di fare una divisione digitando il segno dei due punti : Ma non funzionava!! LOL

Poi venne l’era dei CD AUDIO

CD ROM
CD Player
DVD

molto più comodi delle cassette perchè si trovava subito la traccia giusta senza passare ore a fare Forward or Rewind;poi l’era dei CD-ROM linguistici che collezionai anche se ora nessuno funziona più; e poi l’era dei DVD e delle LIM.

I ragazzi cambiavano ma l’estetica della scuola sembrava restare la stessa con le aule spoglie e verdine, i banchi rivolti verso il prof, la lavagna nera e i gessi bianchi, sebbene non più cosi’ polverosi. Le tv che nei negozi sono divenute nel frattempo a LCD, Led poi Plasma e superpiatte, a scuola continuavano a conservare i loro tubi catodici.

Perchè ripercorro tutto ciò? Perchè  il mio amore per le nuove tecnologie è iniziato lontano. Anzi direi che è genetico in quanto mio padre, ingegnere, quando ero piccola mi rubava le bambole parlanti e le smontava per vedere come funzionassero. Talvolta dopo la sua operazione chirurgica perdevano la parola e nonostante i suoi sforzi non funzionavano più. Ma io ho sempre creduto che la tecnologia fosse alleata dell’uomo e continuo a crederlo anche oggi.

Ecco perché, ora che sono in pensione ma continuo ad aggiornarmi e ad utilizzarla per le lezioni in Scuola in Ospedale e per i miei corsi vari, ho deciso di … ricordare e di raccontare. E voglio scrivere un nuovo post sulla mia adorata Sylvia Plath.